mercoledì 19 luglio 2017

#lonatocheverrà: interventi del 18 luglio

L'intervento del Prof. Richard Ingersoll ha focalizzato l'attenzione sulle maggiori problematiche ambientali del mondo evidenziando una stretta relazione tra queste ultime e le scelte progettuali che negli anni futuri saremo chiamati a compiere come progettisti di contesti urbani.
In modo particolare si è concentrato sugli effetti del surriscaldamento globale e del conseguente influsso sulle dinamiche sociali che necessariamente si svilupperanno nei più disparati settore dell'agire umano.
Gli eventi che a detta del professore influenzeranno maggiormente il fare architettura sono le migrazioni di massa e l'innalzamento delle acque: entrambi fenomeni che porteranno intere porzioni della terra a confrontarsi con problematiche nuove e mai affrontate fino ad ora che necessariamente dovranno modificare il nostro modo di vivere.
Per questo motivo l'architettura dovrà intercettare queste nuove esigenze e farsene carico definendo non solo nuovi “contenitori” in cui accogliere nuove funzioni, ma suggerendo un approccio completamente nuovo allo stare insieme.
Le enormi masse di popolazioni in movimento dovranno ridefinire li spazi di aggregazione per eccellenza che sono rappresentati delle città.
Queste non potranno semplicemente adeguarsi implementando il proprio parco abitativo e funzionale, ma anche ridefinire un nuovo modo di vivere che debba evitare in modo assoluto la segregazione e la differenziazione sociale che ancora oggi è riscontrabile nelle maggiori realtà del pianeta.
La città dovrà creare nuove relazioni e nuovi usi che non siano esclusivamente imperniati sulla riduzione del consumo di suolo, data la già eccessiva estensione territoriale, ma anche sulla maggiore qualità d'occupazione dello stesso.
Per far questo si dovranno utilizzare in modo differenziato le strutture architettoniche definendo edifici in grado di accogliere una eterogeneità di funzioni e non solo l'uso abitativo fatto fino ad ora.
Una delle scelte per migliorare la relazione tra le persone è, infatti, quella di portare nuove funzioni socialmente soddisfacenti all'interno della stessa abitazione delle persone, implementando l'uso abitativo con altri usi, come ad esempio l'orto, il luogo di ritrovo, ecc.
Allo stesso modo l'urbanistica delle nuove città dovrà ridurre le zone degradate introducendo elementi di riqualificazione sociale che possano trovare in questi luoghi un fattore di riscatto: ecco quindi la necessità di utilizzare questi spazi come luoghi ricreativi e di aggregazione sociale.
Allo stesso modo l'urbanistica sarà il maggiore “attore” coinvolto nel mitigare gli effetti dell'altro grande problema legato al surriscaldamento globale, quello dell'innalzamento delle acque.
Gli spazi urbani abbandonati o degradati possono essere utilizzati per quelle funzioni in grado di ridurre l'innalzamento delle acque cercando di apportare modifiche alla permeabilità del suolo, all'utilizzo dell'acqua in eccesso e alla mitigazione degli effetti degli eventi meteorologici estremi. Se ben progettati questi elementi tecnologici di riduzione del carico idrico potranno diventare elementi di fruizione temporanea o continuativa della città di qualità, contribuendo alla riqualificazione di interi quartieri.
Ciò che è emerso nel corso dell'intervento del Prof. Ingersoll è che queste tematiche sono in corso di studio e realizzazione nelle realtà nazionali più evolute e necessariamente dovranno trovare un campo di studio ed approfondimento anche in Italia per non trovarci ancora una volta impreparati.
A tal scopo sarebbe utile aprire tavoli di confronto, studi specifici, interventi progettuali, esperienze sociali innovative, ecc inerenti tali temi anche per la città di Lonato che sarà sempre più coinvolta nella necessità di gestire le migrazioni di massa e il dissesto idro-geologico derivante dagli effetti diretti ed indiretti del surriscaldamento globale.
A conclusione di tutto ciò il professore ha espresso il suo personale rammarico per lo stato in cui versa il patrimonio storico lonatese da lui ritenuto di particolare pregio.

Nella seconda parte della giornata l'architetto Fausto Monceri ha illustrato il lavoro compiuto sulle coperture di villa Grasseni a Flero che è stato l'occasione per approfondire una sua ricerca personale sulle tipologie costruttive e sul degrado degli elementi lignei.
La lezione ha illustrato le modalità costruttive tradizionali e la chive di lettura necessaria per interpretare lo stato conservativo delle coperture in legno.
In modo particolare è stata evidenziata la estrema sapienza antica sull'uso di tale materiale, oggi completamente scomparsa anche se le coperture tradizionali rappresentano la stragrande maggioranza di quelle esistenti.
L'architetto ha evidenziato la necessità di conservare il più possibile la copertura lignea originaria dal momento che essa si è adattata alle condizioni statiche specifiche e che una sua sostituzione generalizzata dell'orditura principale per adattarla a condizioni strutturali “più normate” potrebbe causare nuovi danni perché rischia di ingenerare mutazioni di carico non controllabili.
Per far questo è necessario possedere una buona conoscenza delle tradizioni costruttive che andrebbero diffuse anche all'interno dei corsi universitari, magari a scapito della proliferazione eccessiva di corsi su materiali più moderni e meno riscontrabili.
Analogamente lo studio del degrado ha evidenziato tutta una casistica legata principalmente alla diffusione di funghi ed insetti xilofagi con la necessità di una attenta lettura per non ingenerare interventi generici non mirati.
Il rischio di una soluzione “semplicistica” è la mancata rimozione efficace del degrado, che a prima vista può sembrare scomparso, ma che data la natura “vivente” dello stesso può ripresentarsi nel tempo se non correttamente debellato.
Appare evidente l'utilità di approccio per i problemi strutturali e compositivi di Lonato dove la stragrande maggioranza delle abitazioni presentano coperture in legno la cui necessaria conservazione, dopo la lezione dell'arch. Monceri, non è più solo dovuta ad una considerazione estetica di memoria storica, ma anche funzionale e strutturale.

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